Le more e gli eremi di Vallepietra

Camminando all’interno dei percorsi escursionistici intorno a Vallepietra, capita di imbattersi in ruderi di pietra, spesso costruiti nei pressi di grotte naturali chiamate more, un fenomeno tipico di queste montagne.

Nel libro I Dialoghi di San Gregorio Magno viene citata la storia di San Benedetto, che intorno al 500 d.C. fondò nella Valle dell’Aniene 12 cenobi, abitati da altrettanti monaci.

Quelli riguardanti il territorio di Vallepietra furono istituiti in onore di San Matteo, San Biagio, Sant’Angelo e San Clemente, insieme a due piccole chiese, Santa Maria e La Cona. Mentre nel Santuario della Santissima Trinità risiedeva l’archimandrita, ovvero il superiore della congregazione dei monaci benedettini.

Le mura diroccate e le more, spesso contenenti immagini sacre, sono quindi resti di veri e propri complessi architettonici, con alla base una comunità ben organizzata. Guardandole, si può notare che la maggior parte poggia su elementi strutturali già esistenti. Si suppone che tali elementi siano parte di nuclei abitativi dell’antico popolo degli Equi.

Chi erano gli Equi?

Gli Equi o “Aequi” giunsero nei nostri territori durante la fine del X sec. a.C. ed ebbero sempre rapporti con le popolazioni limitrofe, compresi i Romani. Gli scambi erano non solo commerciali ma anche istituzionali.

La valle dell’Aniene era un luogo molto ambito, in quanto costituiva un confine naturale. Infatti era l’unica via di accesso alla campagna romana, in particolare per le vie della transumanza.

La loro presenza ha lasciato diverse tracce: villaggi sparsi nati per il commercio di prodotti agricoli oppure strutture difensive e santuari. 

Gli Equi divennero una minaccia per i romani, che combatterono per arrestare la loro avanzata, sconfiggendoli definitivamente nel 304 a.C. Le loro terre divennero colonie romane e numerosi nobili, tra cui l’imperatore Nerone, vi costruirono grandi dimore residenziali.

Le antiche "more"

Le grotte carsiche sono cavità che si formano naturalmente quando l’acqua, di cui queste zone sono ricchissime, comincia la sua azione erosiva attraverso una frattura della roccia. 

Questo tipo di grotte sono appunto conosciute con il nome di more e per secoli sono state impiegate come ricovero. Ad ogni mora viene aggiunto l’appellativo del Santo che vi ha istituito un luogo di culto, meditazione e preghiera.

Gli antichi abitanti sfruttando le strutture murarie intorno ad esse, hanno potuto contare su una solida base e su una sorta di protezione.

A seguito dell’abbandono di queste montagne da parte dei monaci, le more sono state sfruttate dai pastori, come rifugi momentanei di fortuna per uomini e bestie.

Il loro accesso è spesso scomodo, perché sono in una posizione molto in alto rispetto al sentiero e nascoste dalla vegetazione. Una volta raggiunte però, lo spettacolo è veramente unico e indescrivibile. 

Entrando nei vari ambienti si coglie l’anima del luogo e tutta la bellezza e la maestosità della natura. Insenature nella roccia calcarea sembrano ricordare delle acquasantiere. Altri ambienti riparati lasciano spazio all’immaginazione e rimandano alla presenza di antichi giacigli di paglia accanto al fuoco acceso.

Questi sono alcuni nomi dei siti:

– Mora delle Monache in località Muralli

– Mora Saratta in località Ara Antica – Faito

– More di San Matteo e Mora Pennacchio, raggiungibili dalla località Ponte Casa Reale

– Eremo di San Biagio sotto Monte Assalonne verso il Santuario della Santissima Trinità

L’articolo è stato redatto in collaborazione con i membri delle seguenti associazioni:

Associazione culturale Don Salvatore Mercuri di Vallepietra

I Muntagnoli, gruppo escursionisti di Vallepietra

Gross Orchidee Simbruini

ProLoco di Vallepietra